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Quando pensiamo all’inquinamento da plastica negli oceani, l’immagine che spesso ci viene in mente è quella di bottiglie, imballaggi e rifiuti galleggianti. È vero, la plastica visibile è una parte importante del problema, ma non è l’unica. Una minaccia ancora più insidiosa – e invisibile – arriva ogni giorno dalle nostre case. Più precisamente… dalla nostra lavatrice.
In Europa, secondo diverse ricerche scientifiche, fino all’80% delle microplastiche che arrivano nei fiumi e poi nei mari provengono dal lavaggio dei nostri vestiti. Sì, hai letto bene: ogni volta che facciamo una lavatrice milioni di microfibre sintetiche si staccano dai capi, viaggiano con l’acqua di scarico e spesso finiscono per sfuggire ai sistemi di depurazione.
Le microplastiche sono piccolissime particelle di plastica, con un diametro inferiore ai 5 millimetri. Possono essere il risultato della frammentazione di
rifiuti plastici più grandi, oppure possono derivare direttamente da prodotti che le contengono, come cosmetici, vernici, pneumatici e – sorpresa – tessuti sintetici.
Gli impianti di depurazione sono progettati per trattenere le particelle più grandi e per trattare sostanze chimiche disciolte. Tuttavia, le microfibre plastiche sono talmente piccole che riescono a passare attraverso i filtri, finendo così nei corsi d’acqua e, infine, in mare.
Una volta nell’ambiente marino, le microplastiche vengono ingerite dai pesci e da altri organismi acquatici, entrando così nella catena alimentare. È ormai dimostrato che queste particelle finiscono anche nei piatti che portiamo a tavola. Gli effetti sulla salute umana sono ancora in fase di studio, ma il rischio non può essere ignorato.
La gran parte dei vestiti oggi in commercio è fatta con fibre sintetiche come poliestere, acrilico e nylon. Sono materiali economici, resistenti e versatili, ma hanno un grosso difetto: con ogni lavaggio rilasciano microfibre.
Per avere un’idea dell’impatto, basti pensare che un solo ciclo di lavatrice può rilasciare fino a 700.000 microfibre. Questo vale soprattutto per capi di bassa qualità, che tendono a degradarsi più rapidamente.
Quali alternative abbiamo?
La soluzione ideale sarebbe ridurre l’uso di tessuti sintetici e preferire fibre naturali come cotone, lino, canapa o lana (ne abbiamo parlato qui). Questi materiali, essendo biodegradabili, non rilasciano microplastiche nocive durante il lavaggio.
Ovviamente, però, molti di noi hanno già nell’armadio numerosi capi in tessuto sintetico. Gettarli sarebbe uno spreco e contribuirebbe a un altro problema ambientale: quello dei rifiuti tessili. Come possiamo allora limitare il danno?
Negli ultimi anni sono stati sviluppati accessori specifici per ridurre la dispersione di microplastiche durante il lavaggio. I due più diffusi sono:
Queste soluzioni, seppur semplici, possono fare una grande differenza se adottate su larga scala.
Oltre a utilizzare filtri e sacchetti, ci sono altri comportamenti utili per ridurre il rilascio di microplastiche:
Proteggere i mari non è solo responsabilità delle istituzioni o delle aziende: comincia anche da noi. Se vogliamo continuare a nuotare in acque limpide, a mangiare pesce sano e a lasciare un pianeta vivibile alle future generazioni, è il momento di agire.
Quando si parla di inquinamento marino, spesso ci sentiamo impotenti di fronte alla vastità del problema. Ma in realtà, ogni nostra scelta quotidiana ha un impatto. Decidere consapevolmente cosa indossiamo, come laviamo i nostri vestiti e quali accessori utilizziamo in lavatrice può contribuire a ridurre una fonte di inquinamento invisibile ma pericolosa.
Albi 😛
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